Dal Trentino, i primi cicloturisti (2016)

– Brunè, voglio andare al mare! Mi dottoro e andiamo al mare
– Che noia il mare, tu dormi e io non so che fare, cerco io una ciclovia nel sud Italia, fine aprile è il periodo perfetto, qualcosa che ci faccia fare mare e bici, che ne dici?
– Basta che vedo il mare!
– Tranquilla, partiamo con l’Alpacargo e porto tutto io, tu stai leggera, ti godi il mare e ti rilassi!

Più o meno così è cominciata la nostra vacanza alternativa, alla rincorsa dell’acqua del Sele convogliata nell’acquedotto pugliese fino al “finis terrae”. Scopriamo un po’ per caso, un po’ perché su facebook ne avevamo sentito parlare, il sito della ciclovia dell’acquedotto pugliese, ma il link delle tracce gps sembra non funzionare… cavoli! Ma su Repubblica viaggi c’è un intervista al portavoce della ciclovia, tale Cosimo Chiffi… proviamo a chiedere a lui?!
Prima ancora di cominciare a pedalare, comincia una scoperta. Un coordinamento dal basso composto da oltre 50 associazioni e una ventina di imprese che chiede la realizzazione di un tracciato ciclabile unitario che segua il percorso del più grande acquedotto d’Europa.

– Brunè, ma ‘sta ciclovia esiste o non esiste?
– Non ti preoccupare, Chiffi dice che loro l’hanno già percorsa, per la maggior parte sono strade di servizio dell’acquedotto, che loro chiedono di aprire alle bici, ma ci sono tante strade rurali e secondarie poco trafficate, tranquilla!

Giulia Pavan e Diego Brunello

dal Trentino, sono stati i primi cicloturisti a percorrere la Ciclovia AQP nella sua interezza, tra aprile e maggio 2016

 

Scopriamo così di essere i primi “cicloturisti” ufficiali e non legati al comitato a percorrere tutto il percorso. Per i membri del comitato è la prima conferma che questo percorso ha delle enormi potenzialità, un percorso percorribile in una settimana, molto vario e con una storia che motiva anche il ciclista meno allenato ad arrivare fino alla fine.

partenza

Persiste però un problema logistico: come arrivare a Caposele? Se ci arriviamo in macchina come fare a raggiungere la macchina se da Leuca torneremo in treno? Dovremmo aggiungere una tappa Avellino-Caposele… avere un coordinamento che ti accoglie vuol dire anche avere persone che hanno voglia di risolverti i problemi! E così la La Bottega della Bici e la FIAB Senza Rotelle di Avellino, si coordinano con Lioni in Bike e la Pro Loco di Caposele per accoglierci e per fare in modo che possiamo trovare la nostra macchina ad Avellino al nostro ritorno. Questo in effetti è l’unico vero problema riscontrato lungo questo percorso, problema che abbiamo avuto modo di segnalare anche al presidente del Consiglio Regionale campano, Rosetta D’Amelio, incontrata a Lioni.

Dopo un abbondante pranzo passato a chiacchierare di mobilità, percorsi in bici e progetti con la FIAB di Avellino e Lioni in Bike, andiamo a visitare le sorgenti del fiume Sele. La visita alle sorgenti va prenotata, per noi ci ha pensato la Pro Loco di Caposele. Sotto la pioggia, Concetta ci porta all’interno della struttura dove si trovano le paratie che controllano l’afflusso dell’acqua all’acquedotto e a quel che rimane del fiume Sele. “Acquedotto Pugliese 1906”, qui tutto risale al momento dell’inizio dei lavori di questa imponente opera ingegneristica. Il terremoto in Irpinia ha ridotto la portata dell’acqua della sorgente ma non ha provocato danni strutturali all’acquedotto – ci spiega Concetta, che prosegue raccontandoci una storia per farci capire il senso di responsabilità di chi lavora nell’acquedotto: subito dopo il terremoto, il responsabile della struttura ha deciso di correre a mettere in sicurezza l’Acquedotto prima ancora di correre a casa, dove ha trovato i suoi figli morti sotto le macerie.

Carichi di storie, volti e … matasse coi ceci, decidiamo di partire! Vorremmo arrivare a Calitri per la sera ma si è fatto tardi, inizia a piovere, sbagliamo la traccia da caricare sul cellulare (non siamo ancora grandi esperti di mappe e tracciati), restiamo impantanati a Teora a pochi chilometri ma a molti metri di dislivello dal punto di partenza…e decidiamo di fermarci! Da una veloce ricerca su internet non troviamo molto, alla fine troviamo un B&B appena prima dell’abitato di Teora, spieghiamo al telefono alla signora Susy che siamo due cicloviaggiatori che in pochi chilometri hanno preso tanta pioggia e abbastanza fango, ci fermeremmo lì quella notte…

Prima tappa: Teora – Calitri – Atella

Rigenerati dalla calda dormita e dalla colazione, decidiamo di metterci in strada nonostante nebbia e pioggia. I giorni a nostra disposizione non sono molti e vogliamo arrivare al mare.
– Volevi fare il bagno…la doccia va bene lo stesso?
– Brune’ statte zitto, pedalo solo perché voglio stare un giorno intero a quattro de spade a Leuca!
La pioggia si intensifica appena raggiungiamo l’abitato di Teora, così di fronte alla scelta di percorrere strade che si inerpicano sopra il lago di Conza o restare sulla statale pianeggiante, scegliamo questa seconda opzione, anche perché il 25 aprile questa statale è, di fatto, deserta. La pioggia ci da tregua solo per una breve sosta a sbriciare l’oasi WWF del lago di Conza per riprendere con gran foga subito dopo. Non ci facciamo scoraggiare e cominciamo la salita per Calitri, anch’esso servito dall’acquedotto. Il giorno prima tutti ci avevano detto che questo borgo è molto affascinante, nonostante parte del centro storico sia stato abbandonato dopo il terremoto dell’80.

Arriviamo in cima alla collina bagnati e demoralizzati, è il 25 Aprile e abbiamo deciso di fare una giornata resistente…alla pioggia, ma ora è freddo, abbiamo attraversato paesi che sembrano essersi arresi alle forze della natura e non di resistere, i prefabbricati di Teora e le roulotte di Conza della Campania ci rimbombano nella testa, resilienza – resistenza, questo è il problema.
Per fortuna La locanda All’Arco, vicino al municipio, è aperta e ci accoglie con gran calore: di fronte ai nostri vestiti bagnati ci prestano un phon e ci invitano ad appoggiare indumenti bagnati sui termosifoni accesi. Fino alla settimana scorsa il tempo era bellissimo, oggi abbiamo dovuto accendere i termosifoni, questa mattina erano due gradi e se guardate la collina di fronte, nevica! Scegliamo il tavolo più vicino a un termosifone dove appoggiamo addirittura le scarpe, l’acqua ha cominciato a entrare dai calzini e nulla ha potuto la tecnologia impermeabilizzante.

La cucina locale sa’ di casa e scalda il cuore, siamo pronti ad affrontare un pomeriggio piovoso, direzione Atella, non possiamo perdere neanche mezza giornata, verrebbe tolto al meritato riposo al mare! Scivoliamo giù dalla collina, ma fa talmente freddo che freniamo più per limitare il vento che la velocità. Le previsioni dicono che ad Atella alle 7 non piove e in effetti come passiamo il cartello Basilicata la pioggia smette, lasciamo la statale e saliamo verso Ruvo del Monte, una salita dolce che non ha niente da invidiare alle colline toscane, campi di grano si alternano a boschetti. Ci viene proposta dalla traccia una strada sterrata che ci riporta verso valle, abbandoniamo totalmente la possibilità di incrociare mezzi motorizzati e ci immergiamo in questa natura inaspettata, le varie gradazioni di verde iniziano a prendere vita grazie a un timido raggio di sole. Non facciamo in tempo ad abbandonarci a questo paesaggio bucolico che ricomincia a piovere e scopriamo che la nostra traccia prevede il guado di un rigagnolo che con le piogge di questi giorni si è trasformato in torrente.

Per fortuna questi tracciati non si allontanano mai troppo dalla provinciale e prevedono diverse opzioni, così decidiamo di deviare verso la provinciale e raggiungere da lì Atella, purtroppo dovremo rinunciare ai primi ponti dell’acquedotto, ma nell’ultimo tratto potremo goderci il ponte canale sulla Fiumara.
E infatti, nonostante la foratura che in una giornata del genere non poteva mancare, riusciamo ad arrivare ad Atella e a fotografare il ponte con l’unico telefono rimasto attivo e un timido raggio di sole!
Ad Atella senza grandi problemi troviamo un B&B appena fuori la porta cittadina, che ospita le nostre bici nel garage e ci accende i riscaldamenti per permetterci di asciugarci un po’.

Seconda tappa: Atella – Venosa – Spinazzola

C’è il sole! Fa freddo ma c’è il sole! Cavoli è tutto bellissimo! Finiamo di asciugare tutto e corriamo via sotto il sole! Dobbiamo fermarci al primo distributore per gonfiare bene la camera d’aria sostituita velocemente il giorno prima. Il compressore del distributore non funziona, ma proprio dietro l’angolo c’è una zona artigianale dove possiamo trovare un meccanico. Svoltiamo l’angolo e ci ferma il titolare della prima azienda, Carmine, un lattoniere, fa grondaie. È felicissimo di vedere due turisti in bicicletta nelle proprie terre e, anche se crede che siamo tedeschi, non esita a fermarci e a chiederci se parliamo italiano. Rincuorato dalla nostra provenienza, inizia a chiederci dettagli del viaggio e ci apre il suo laboratorio. Ve le gonfio io le ruote, basta aspettare che il compressore si carichi, intanto vi faccio vedere dove lavoro, anch’io piego lamiere, come il tuo cassone della bici… Dopo un’ora, due salamini col finocchio, due caffè e qualche biscotto, riusciamo a convincere i nostri ospiti (nel frattempo ci hanno raggiunto il cognato e la moglie) che forse è meglio se pedaliamo, altrimenti non potremo raccontare a nostra volta quanto è bella la zona del Vulture, potremo solo raccontare quanto la gente del posto ami la propria terra visto l’entusiasmo dei nostri ospiti.

A Rionero in Vulture incrociamo anche un meccanico di bici che volentieri ci presta qualche attrezzo per risettare le bici dopo la terapia di fango e pioggia che hanno subito i primi due giorni. Il sole e l’ospitalità continuano a stimolare il nostro buon umore. Passato Rionero in Vulture ci dirigiamo verso Ginestra, dove ci ricongiungeremo all’acquedotto che in queste zone corre sotterraneo.
– La discesa è una figaaata!!! Peccato si sia rotto il telefono, sai che record su Strava!
– …
– Meno male che si è rotto il telefono… sai che pippa su Strava…
La salita per Ginestra non ha niente da invidiare ai percorsi ciclistici Toscani, ma tira! Ci è sembrata la salita più impegnativa di tutto il percorso, niente di impossibile ma quattro chilometri che fanno guadagnare 200 metri di altitudine e l’ingresso a un piccolo abitato dove vive una comunità arbereshe, come testimonia la toponomastica in doppia lingua. Il colore delle case comincia a schiarirsi e a trasformarsi e il sole, per la prima volta, ci fa gioire della scoperta di una delle fontanelle dell’Acquedotto le quali, fino a questo momento, avevano caratterizzato il nostro percorso quasi come un souvenir, ora invece ci mostrano la genialità di percorrere una pista ciclabile lungo un acquedotto: prima o poi trovi il modo di riempire le borracce!
Dolci Sali e scendi ci accompagnano fino alla bianca Venosa. Un giorno di pedalata e già la vegetazione e l’architettura sono cambiati. La cittadina sembra un po’ fuori contesto, dal castello parte una stradina piastrellata di marmo e una serie di edifici molto chiari.

Abbandonata Venosa lungo una tranquillissima provinciale, finalmente, troviamo per la prima volta la strada di servizio dell’acquedotto. Purtroppo, dopo un primo tratto molto gradevole, la strada è impercorribile data l’esuberanza della vegetazione. La strada statale corre parallela, quindi ci godiamo il percorso dell’acquedotto da qualche metro di distanza e lo riprendiamo qualche chilometro più in là. Il sole, le pecore, i falchetti a caccia, il percorso mai noioso ci riserva ad ogni curva una sorpresa! E così sul più bello, quando il percorso dell’acquedotto si allontana un po’ dalla provinciale, restiamo di nuovo incastrati nella vegetazione esuberante, questa volta però dobbiamo attraversarla, niente di grave, dopo pochi metri c’è un ponte dove le piante non la fanno da padrone e, poco dopo, una strada bianca che corre parallela alla strada di servizio.

Con tanta bellezza negli occhi arriviamo a Spinazzola, troviamo una stanza libera in un B&B appena fuori la città, molto gentilmente il padrone di casa ci scorta fino al centro e ci indirizza a una trattoria proprio sopra la fontana Dirolla, storica fontana alimentata dall’acquedotto.
Lì ci incontriamo con Michele e Andrea della Team Bike di Spinazzola, che ci raccontano i percorsi ciclabili della zona, ci spiegano il paesaggio dell’Alta Murgia nel quale siamo appena rotolati. Ci mettono curiosità rispetto a delle cave di bauxite che il giorno dopo decideremo di andare a vedere!

Terza tappa: Spinazzola – Castel Del Monte – Calendano

Entrambi i telefoni non ci supportano, nonostante i tanti consigli di Michele ci tocca partire senza una mappa chiara in direzione Quasano – Quasano non esiste! – ci rimbomba nella testa dalle chiacchiere della sera prima.
C’è il sole e andiamo a vedere Castel del Monte, che cominci l’avventura! Una bella discesa porta fuori dall’abitato di Spinazzola e subito bisogna riprendere quota ma su strada sterrata. Dalla collina si può riprendere il tracciato dell’acquedotto. Nonostante l’esuberanza del grano che invade il tracciato e i cardi selvatici, il percorso ci entusiasma, isolati dal mondo raggiungiamo un boschetto facilmente attraversabile in bici spiati dagli occhi furbi delle volpi.

arneo

Decidiamo di deviare dal percorso per fare una gita su Marte (le cave di bauxite). Nei viaggi lunghi si ripropone sempre la ricerca del giusto compromesso tra chilometri giornalieri percorsi ed esplorazione del territorio che si attraversa. Il contributo delle molte associazioni locali che compongono il comitato per questa ciclovia può andare proprio in questa direzione, fornire al cicloturista informazioni sconosciute sui luoghi che attraversa in modo da scegliere quali deviazioni affrontare.
Dopo tanto isolamento dal mondo, Castel del Monte è uno shock. Si pregusta la salita da diversi chilometri prima, la collina spicca nel paesaggio pianeggiante e i contorni del castello si definiscono di chilometro in chilometro. Il numero di turisti è disarmante, da dove spuntate fuori? Siamo stati soli tutta la mattina.
Per fortuna è una bella giornata tersa e ci godiamo il paesaggio dal retro del castello. Si vede tutto, dalle verdi colline lucane al mare! Allora è vero, stiamo andando al mare!

– Brunè, tutti ‘sti turisti mi mettono ansia, scappiamo via!
In questa zona ci sono diversi percorsi ciclabili che si inoltrano nel parco dell’Alta Murgia e incrociano spesso il percorso dell’acquedotto. Il percorso è lineare ma mai noioso, cominciano i primi muri a secco, e il paesaggio continua a trasformarsi. Maciniamo chilometri ma Quasano è lontanuccio e non siamo sicuri di trovare lì posto dove dormire (d’altronde Quasano non esiste!). Dopo una rapida ricerca su internet ci sembra di capire che non ci sono molte strutture ricettive nei dintorni, il telefono non collabora e decidiamo di entrare nell’abitato di Calendano e usare la vecchia tecnica di chiedere informazioni a delle persone e non a un motore di ricerca!

L’idea non è affatto male, troviamo un baretto aperto, il barista si dimostra subito molto disponibile, ci dice che in zona si può piantare la tenda ma meglio restare vicino all’abitato perché i cinghiali non mancano. In ogni caso, dietro l’angolo c’è un B&B che dovrebbe aver riaperto proprio in questi giorni. Il bar ha anche un minimarket e nel weekend fa anche trattoria, si propone di organizzarci una cena anche se è mercoledì, basta decidere subito il menù. Di fronte alla parmigiana di melanzane, non abbiamo dubbi!

Ora non ci resta che aspettare che venga preparata la camera per la nostra doccia giornaliera, ci godiamo gli ultimi raggi di sole e andiamo a fare una passeggiata, veniamo sorpresi dal Santuario di Santa Maria in Calendano, una struttura del XVII secolo, rifugio dei Templari, ovviamente chiuso. Mica male Calendano…

Quarta tappa: Calendano – Cassano Murge – Noci

Dopo un primo tratto sterrato molto piacevole che attraversa boschi e incrocia l’acquedotto, si imbocca una strada provinciale. La dovremmo lasciare subito ma incrociamo Michele, un triatleta che sta tornando a casa a Santeramo in bicicletta per allenarsi. Iniziamo a chiacchierare, è incuriosito dal nostro viaggio e dall’idea che Brunello stia portando quasi tutti i bagagli grazie alla sua cargo… – Potrei proporlo a mia moglie!-

Tra una chiacchiera e l’altra ci “spinge” per una ventina di chilometri. Proprio quella mattina il mio telefono ha deciso di ritornare a vivere, Strava è acceso, tutta questa fatica non è vana. Per fortuna incrociamo la strada di servizio dell’acquedotto, spieghiamo a Michele che dobbiamo assolutamente seguire quella strada. Riprendiamo fiato e arriviamo facilmente nell’abitato di Cassano Murge. Il sole, le fontanelle e i panifici ci spingono a fare pic-nic con focaccia, mozzarelle e caciotta alla liquirizia. Il paradiso.

La nostra presenza nel parchetto al centro del paese desta, al solito, curiosità. Si avvicina un signore del paese che ci chiede del nostro viaggio. Conosce il percorso, l’acquedotto è già frequentato in modo informale a piedi e in mountain bike. Mentre chiacchieriamo passa di là il Sindaco e ci presenta. Il Sindaco si sente in dovere di raccontarci gli sforzi che il Parco dell’Alta Murgia sta facendo per aprire percorsi ciclabili.

Il sole fa aumentare la forza di gravità che ci trattiene sulla panchina, ma con gesto eroico recuperiamo le biciclette e ci rimettiamo in marcia. Subito riprende il percorso dell’acquedotto, la strada resta isolata tra uliveti e muri a secco, mai noiosa. In prossimità di Gioia del Colle, le nuvole sono tornate a farci compagnia, dovremmo proseguire dritti per Noci, ma forse è meglio fare una breve sosta per riprendere fiato e rimetterci in assetto pioggia.

La Matta

Ovviamente, le belle colline tra Gioia del Colle e Noci le abbiamo sbirciate dietro le lenti bagnate dei nostri occhiali. A Noci però siamo stati accolti dall’associazione “La Matta”, giovani appassionati di bici che propongono tour della Puglia su bici Vintage. Il discorso devia subito dalla nostra avventura a mille altri progetti, anche perché quella sera hanno altri due ospiti, esperti di marketing venuti a chiedere consulenza riguardo il mondo delle bici.

Quinta tappa: Noci – Alberobello – Figazzano – Grottaglie

Il percorso dell’acquedotto non incrocia Alberobello ma solo le contrade periferiche, noi però non siamo mai stati da queste parti e non riusciamo a rinunciare a una breve visita al centro di Alberobello. Non c’è bisogno di raccontare quanto siano suggestivi i trulli di questa cittadina, ma le comitive di turisti ormai ci innervosiscono e scappiamo via. Il percorso dell’acquedotto in questa zona resta alto sulle colline e attraversa borghi pieni di trulli. All’altezza di Locorotondo non è più possibile seguire l’acquedotto e si evita la statale arrampicandosi su e giù per le varie contrade. Il numero infinito di trulli fanno dimenticare immediatamente la fatica dei continui saliscendi.

La Valle d’Itria è semplicemente bellissima e ci regala un bel “giro in giostra”. All’altezza dell’abitato di Figazzano si fatica a trovare un panino ma si trova una pista ciclabile favolosa, nel senso che sembra di entrare per dieci chilometri in una favola avulsa dal contesto, per poi tornare alla realtà avventurosa lasciata più a nord. Di questa parte dell’acquedotto, ripavimentata con ghiaino, va sottolineato che la messa in sicurezza del passaggio dei cancelli è sicuramente la cosa più apprezzabile per un ciclista. Ma la cosa che ci ha colpito di più è che questo tratto dell’acquedotto è molto frequentato da persone del posto a piedi e in bici.

Appena ripreso il percorso più “avventuroso” incrociamo una cicloturista capitata lì per caso. Perla viene da Viareggio e ha girato Spagna e Francia in bicicletta, quest’anno ha scelto la Puglia. Si muove seguendo strade secondarie scegliendo le città da raggiungere sulla base della disponibilità di ospitalità su warmshower. Le raccontiamo della storia dell’acquedotto pugliese e della sua pista e riflettiamo insieme di quanto sarebbe bello se oltre al canale principale fossero segnati anche i canali secondari.

Perla ci lascia e proseguiamo lungo l’acquedotto che ci porta facilmente fino a Villa Castelli. Lì il percorso termina con un cancello privato chiuso e qualche altra brutta sorpresa. Riprendiamo quindi la strada che ci porta attraverso il centro di Villa Castelli giù verso Grottaglie. La strada corre giù veloce con Taranto all’orizzonte.
A Grottaglie veniamo accolti da Pietro dell’associazione Sherwood, ci incontriamo all’ufficio informazioni turistiche, dove finalmente troviamo un po’ di cartine e chiediamo loro contatti per un B&B. Pietro ci racconta quello che stanno facendo per la mobilità in città, ci appare subito chiaro che correre in bici non è affatto banale qui, il centro storico non è chiuso al traffico neanche davanti ai monumenti più importanti e gli automobilisti sembrano non apprezzare le biciclette.

Sesta tappa: Grottaglie – Avetrana – Nardò

A Grottaglie ci siamo sentiti molto accolti, dall’ufficio turistico, dal B&B e, naturalmente, da Pietro, che passiamo a salutare il sabato mattina, lo troviamo al mercato coperto dove l’associazione ha uno spazio pieno di bici pronte per essere prestate per incentivare la mobilità sostenibile e promuovere questo luogo cercando di renderlo un luogo di incontro e solidarietà.

Avetrana

Partiamo in direzione Avetrana, passando per il selvaggio lago artificiale Pappadai, da lì si passa da Fragagnano, dove ci fermiamo pochi minuti per cercare alcune informazioni e ci ferma il poeta del paese. Raccogliamo le poesie donateci e ci prepariamo ad affrontare l’Arneo. Ci aspettano una ventina di chilometri lungo la strada di bonifica, una strada incredibilmente dritta con un paesaggio piuttosto monotono: macchia mediterranea, uliveti radi e uliveti bassi.
– No ‘l te par un videogioco anni ’90? Quello con gli sfondi che si ripetono in loop?
– Brune’ non ti lamentare, oggi fa caldo, sono a maniche corte! Cantiamo e prendiamo il sole!

Arriviamo così ad Avetrana, pronta ad accoglierci con una struttura di luci installate per la festa del patrono, incredibile! Peccato non esserci arrivati di sera.
Ad Avetrana ci sono Paola e Rino ad aspettarci. Rino ci porta a casa sua dove c’è anche la sede dell’Associazione Grande Salento, parte del coordinamento. La casa di Rino è bella e colorata e la sua famiglia ci accoglie con affetto e curiosità. Il figlio ci racconta della campagna che stanno portando avanti nella zona: #SalvaLeOloturie.
Veniamo raggiunti da Sandro e da alcuni membri dell’ASD Ciclisti MTB San Pancrazio Salentino, pronti nei loro abiti sgargianti a mostrarci tutti i segreti del percorso che porta da Avetrana a Nardò.

In questo tratto, infatti, si potrebbe decidere di riprendere il noioso Arneo, oppure riprendere il percorso dell’acquedotto su percorso sterrato. Con sei uomini in MTB non c’è bisogno di dire cosa abbiamo scelto. Inizialmente io e Paola eravamo un po’ preoccupate del pomeriggio che ci si prospettava, ma ben presto la visita ai serbatoi, al villaggio Monteruga, ad una masseria abbandonata in perfetto stato e agli uliveti millenari ci hanno convinto che la fatica valeva davvero la pena! Luoghi spettacolari scovati solo grazie all’esperienza e alla curiosità dei nostri amici off-road.

masseria

Lasciamo Paola all’altezza della Masseria “La zanzara”, bellissimo esempio di come una vecchia masseria possa essere recuperata, e Sandro ci regala un’ultima chicca, La Madonna delle Grottelle, appena fuori dall’ultimo pezzo di tracciato in ristrutturazione che porta dritti fino a Nardò.
Siamo arrivati a Nardò piuttosto tardi e stanchi ma sicuramente soddisfatti! Lì ci ha accolto Cosimo, che, dopo le telefonate giornaliere per verificare che stessimo bene e le tracce fossero adatte, era già diventato un amico.

Settima tappa: Nardò – Leuca

L’ultima tappa non ha un percorso preciso delineato, qui l’acquedotto passa sottoterra e noi lo seguiamo attraverso strade secondarie che attraversano uliveti delimitati da muretti a secco con bellissime “pagghiare” qui e lì.

Per quest’ultima tappa abbiamo una squadra di accompagnatori di eccezione, c’è con noi di nuovo Paola, Cosimo e Lucio, grande esperto della zona che ci porta in giro per l’entroterra salentino senza mai consultare un mappa, ci convinciamo che non ne ha bisogno quando ci dice – in questa strada ci sono 8 edicole votive – ed è vero! Una stradina apparentemente anonima per lui è un percorso pieno di storie che ci regala mentre le nuvole piene di pioggia cominciano a rincorrerci.

Nardò

Il percorso ci propone reperti di archeologia industriale, chiesette bizantine e panino coi pezzetti di cavallo, una bontà unica per soli 3 euro!
La pioggia continua a infastidirci per tutto il pomeriggio, così arrivati a Montesardo rinunciamo alla deviazione per Leuca Piccola e Patù e corriamo dritti verso Leuca. Si vede il mare…la piccola macchia bianca in fondo è il faro…

– Siamo arrivati!!! L’abbiamo percorso tutto!
L’acqua è andata più veloce di noi, ma in 7 giorni siamo arrivati fino al finis terrae, che emozione, da qui non si può più andare avanti, la terra è finita e comincia il mare!

Scendiamo ai piedi della fontana di Leuca dove una mappa ripercorre tutta la struttura dell’acquedotto, si vede il canale principale e tutti i canali secondari, ci sono tutti i principali centri del sud, c’è anche un canale che porta a Matera… è un’autostrada che connette città, storie, territori, l’abbiamo percorsa tutta ma ci piacerebbe andare a scoprire ciascuno di quei canali secondari, ciascuna di quelle storie, ma sarà per un’altra volta, ora ci godiamo un giorno di riposo.

fontana

Tra le aziende che compongono il comitato c’è anche l’hotel terminal della Caroli Hotels, un albergo molto attento alle esigenze dei cicloviaggiatori, sono molto contenti di sapere che i primi cicloviaggiatori dell’acquedotto pugliese sono arrivati fino alla fine della terra e ci offrono ospitalità. Le nostre bici possono restare sotto una tettoia attrezzata a ciclofficina. Qui la maggior parte dei turisti in bicicletta fanno il giro della costa salentina, restano una notte e proseguono il loro viaggio, pochi restano a scoprire le bellezze naturalistiche che offre questo tratto di costa ma soprattutto, pochi arrivano qui dopo 480 km di terra sincera per essere abbracciati dal mare!

È ora di tornare, ma vogliamo fare una tappa a Lecce, non solo perché il treno passa di lì, ma perché ci sono tante persone che ci hanno seguito in questo percorso che hanno voglia di sentire le nostre chiacchiere. Per fortuna ha smesso di piovere e possiamo camminare scoprendo questa perla barocca nel centro del Salento.

Le chiacchiere con Cosimo e Roberto sono preziose per fissare le idee, ripercorrere con le parole i moltissimi paesaggi attraversati, basta mezza giornata in biciletta per entrare in un nuovo paesaggio, diversi animali e per incontrare persone con dialetti e storie diverse, tutti abbeverati dalle fontanelle dell’”acquedotto pugliese”. La chiacchiera purtroppo non ci manca, e la condivisione di questa storia ha reso questa esperienza ancora più fantastica, che mai ci saremmo potuti aspettare.
– Siamo in ferie…niente di speciale!

Guarda le foto della cicloesplorazione di Giulia Pavan e Diego Brunello (Aprile/Maggio 2016)